All’IMCID 2025, il Prof. Ioav Cabantchik sottolinea la necessità di definizioni più precise, valutazioni personalizzate e maggiore formazione sull’efficacia del ferro orale nei pazienti cronici.

La nona edizione dell’International Multidisciplinary Course on Iron Deficiency (IMCID) ha riunito esperti da tutto il mondo per discutere le più recenti evidenze sulla diagnosi e il trattamento della carenza di ferro. Tra i temi centrali di quest’anno, il ruolo della supplementazione orale di ferro, soprattutto nei pazienti con condizioni croniche.

A presiedere la sessione dedicata è stato il Prof. Ioav Cabantchik, Professore Emerito in Scienze della Vita presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, che ha offerto una riflessione approfondita sull’approccio clinico attuale e le prospettive future.


Professore, l’IMCID è ormai una piattaforma di riferimento per l’aggiornamento sulla carenza di ferro. Cosa rende questa edizione particolarmente significativa?

Questa edizione è particolarmente importante perché, forse per la prima volta, si è discusso in modo approfondito di cosa significhi davvero “carenza di ferro”. Quali sono i marcatori da utilizzare? Come vanno interpretati? E quali parametri clinici consentono di valutare correttamente i risultati terapeutici?

Senza indicatori adeguati, la diagnosi rimane incerta. Inoltre, ogni Paese utilizza standard diversi, rendendo indispensabile un approccio critico e contestualizzato. Non basta applicare in modo automatico i valori di riferimento: occorre interpretarli alla luce della propria realtà clinica. L’IMCID ha contribuito a far crescere la consapevolezza di questo aspetto, fornendo strumenti di valutazione più affidabili.

Quali sono le più recenti evidenze sull’efficacia del ferro orale nei pazienti cronici?

Non abbiamo ancora tutti i dati comparativi, ma cresce l’evidenza che l’integrazione orale di ferro, se utilizzata con le giuste aspettative, possa offrire risultati paragonabili al ferro endovenoso. I vantaggi sono chiari: minori rischi, costi ridotti e meno complicazioni logistiche.

La sfida, tuttavia, resta culturale. Molti medici considerano ancora il ferro orale poco efficace, senza tener conto che alcune formulazioni moderne possono portare a risultati simili a quelli dei trattamenti endovena. È fondamentale investire in formazione e presentare dati che dimostrino l’esistenza di opzioni sicure, ben tollerate e realmente accessibili.

L’aderenza alla terapia migliora molto quando si utilizzano formulazioni “user friendly”. Durante la pandemia da COVID, ad esempio, molti pazienti hanno evitato le infusioni per il timore del contagio. In questi casi, disporre di un’alternativa orale efficace è stato – e resta – cruciale.Ma se i medici non conoscono queste possibilità terapeutiche, è come se non esistessero. Disponibilità e consapevolezza sono quindi fattori chiave.

Le evidenze presentate all’IMCID possono contribuire a cambiare l’approccio clinico alla supplementazione con ferro orale?

Uno degli aspetti più rilevanti emersi all’IMCID 2025 è che non tutti i supplementi orali sono uguali. Alcuni possono essere molto efficaci, ma provocano effetti collaterali gastrointestinali che compromettono l’aderenza. Altri, forse leggermente meno potenti, mostrano però una tollerabilità nettamente migliore, con un impatto positivo sulla continuità terapeutica.

Questa distinzione non è ancora sufficientemente conosciuta nella comunità medica. Per questo motivo la formazione è essenziale, non solo per gli specialisti, ma anche per i medici di base. Sono spesso loro a intercettare per primi la carenza di ferro e devono sapere quali esami prescrivere, prima e dopo il trattamento. Affidarsi esclusivamente alla ferritina non basta: è necessario integrare la valutazione con i parametri ematologici di base.

Personalizzazione e consapevolezza nella terapia marziale

Il messaggio del Prof. Cabantchik all’IMCID 2025 è chiaro: la supplementazione di ferro per via orale sta evolvendo e, con essa, deve evolvere anche l’approccio clinico. Personalizzazione della terapia, aggiornamento continuo e conoscenza delle diverse formulazioni disponibili sono strumenti essenziali per migliorare la gestione dei pazienti, soprattutto nei contesti cronici.

Una comprensione più profonda della carenza di ferro e delle sue opzioni terapeutiche può rendere i trattamenti più efficaci, più sicuri e più accessibili a livello globale.


L’Abstract Book del 9th IMCID – International Multidisciplinary Course on Iron Deficiency, tenutosi a Palermo dal 3 al 4 aprile 2025, è stato pubblicato come Supplemento n°3 del numero di maggio 2025 della rivista Blood Transfusion (IF=2.4).
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