20 Marzo 2017 |

5th IMCIA: focus su anemia e cardiologia

Dopo l’approfondimento sul Patient Blood Management (PBM) e sull’anemia in oncoematologia, a una settimana dal 5^ International Multidisciplinary Course on Iron Anemia passiamo a parlare di anemia in cardiologia.

La cardiologia è una branca relativamente nuova nella quale approfondire il tema dell’anemia da carenza di ferro, ma i risultati ottenuti con il ferro sucrosomiale® in altri ambiti della medicina fanno presupporre uno spazio di studio interessante.

Abbiamo chiesto al Prof. Sandro Barni, presidente del congresso, di spiegarci come si inserisce la cardiologia all’interno del macro tema dell’anemia da carenza di ferro anche nell’ottica della sua trattazione durante il 5^ IMCIA.

Questo è un ambito relativamente recente di approfondimento in cardiologia, perché si è arrivati a parlare di anemia?

«L’anemia è una comorbidità (la presenza o l’insorgenza di un’entità patologica accessoria durante il decorso clinico di una patologia oggetto di studio) molto frequente nei pazienti affetti da scompenso cardiaco. Essa è riconosciuta come un nuovo obiettivo terapeutico nell’insufficienza cardiaca poiché la riduzione dell’emoglobina (Hb) è considerata un potente predittore indipendente di aumentato rischio di morte e di ospedalizzazione. L’Hb trasporta ossigeno, vitale per il cuore».

Quali sono i principali aspetti in cui il trattamento dell’anemia per via orale con ferro sucrosomiale® porta miglioramenti sul paziente cardiologico?

«Non esistono ancora delle linee guida relative al trattamento dell’anemia nello scompenso. Gli studi presenti in letteratura, in merito alla terapia, sono per la maggior parte di scarsa numerosità. I pochi studi randomizzati multicentrici, che hanno analizzato gli effetti dell’uso degli agenti stimolanti l’eritropoiesi in associazione alla terapia marziale per via endovenosa, non hanno fornito i risultati attesi. Non è ancora chiaro inoltre il valore di Hb che è ragionevole raggiungere, soprattutto dopo gli effetti collaterali e il rischio cardiovascolare emersi dopo terapia con agenti stimolanti l’eritropoiesi nei pazienti oncologici. Seppure quindi ci siano diversi aspetti ancora da definire in questo specifico ambito, il ferro sucrosomiale® consente di somministrare ferro senza intaccare la compliance del paziente che, generalmente anziano, oltre ad essere politrattato, ha spesso anche problemi di tollerabilità alla terapia».

Quali prospettive si delineano e quali sono auspicabili in questo ambito?

«La sicurezza e l’efficacia del ferro sucrosomiale®, con i dati già disponibili in nefrologia, reumatologia, onco-ematologia e gastroenterologia, potrebbe trovare un spazio di eccellenza anche nei pazienti cardiopatici».

 

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